La tecnologia UV-C è usata per la disinfezione dell’aria, dell’acqua e degli strumenti da oltre un secolo. Già negli anni ‘30, gli UV erano di utilizzo comune per il trattamento dell’aria e dell’acqua negli ospedali. I sistemi di disinfezione a raggi UV sono stati introdotti per la prima volta negli ambienti nosocomici statunitensi intorno al 2007. Da allora, la loro popolarità è aumentata fino a rendere tali dispositivi di uso comune per poter contrastare i pericoli derivanti da trasmissione di pericolosi batteri o virus che possono essere presenti nell’aria o trasportati per contatto da malati o visitatori.
Ma i pericoli all’interno degli ospedali possono arrivare non solo dall’aria e dalle superfici ma anche dall’acqua: tutti ricordiamo il caso di contaminazione da Citrobacter koseri presso l’Ospedale Donna e Bambino di Borgo Trento a Verona, il batterio annidato all’interno della rete idrica, infettò molti neonati diventando fatale per 4. Anche la Legionella rappresenta un rischio costante in tutti gli impianti idrici estesi come quelli ospedalieri.
Le soluzioni germicida Led UV-C sono in grado di contrastare ogni tipo di colonizzazione microbiologica in tutti gli ambiti, diventando fondamentale all’interno di ospedali per garantire un ambiente il più possibile salubre, nonostante la presenza e il passaggio costante di malati all’interno della struttura.
Anche l’Istituto Superiore di Sanità ha riconosciuto la tecnologia a raggi UV-C idonea alla prevenzione e al contrasto di molti microrganismi e viene citata anche nel Rapporto ISS COVID-19: “La radiazione UV-C ha la capacità di modificare il DNA o l’RNA dei microorganismi impedendo loro di riprodursi e di inattivare il 99,99% del virus dell’influenza in aerosol. L’azione virucida e battericida dei raggi UV-C è stata dimostrata in studi sul virus MHV-A59, un virus presente nei roditori analogo al MERS-CoV e SARS-CoV-1”.